Stoffe lucchesi del Trecento: con questo titolo Donata Devoti pubblicava nel 1966 sulla rivista “Critica d’Arte” il suo primo contributo alla storia del tessile antico. Aveva ventisette anni e quello studio era la sintesi della sua tesi di laurea, argomento assolutamente d’eccezione all’epoca nell’università italiana.
Oltre quarant’anni di impegno scientifico appassionato – fino all’improvvisa scomparsa nel 2007 – l’hanno vista formare studiosi, ideare corsi per restauratori, accompagnare la nascita di nuovi allestimenti museali incentrati sui tessili tra cui ricordiamo quelli del Museo dell’Opera Primaziale di Pisa, del Museo Diocesano di Trento, del Museo Civico di Modena, del Museo Nazionale di Palazzo Mansi a Lucca, per il quale aveva elaborato in precedenza un articolato percorso didattico.
Docente prima di Storia delle Arti Decorative e Industriali e poi di Storia delle Arti Applicate e dell’Oreficeria presso l’Università di Pisa, ha inteso sempre il suo lavoro di studiosa non limitato alla ricerca, ma relazionato con la promozione e la tutela dell’oggetto d’arte: di qui la sua costante e generosa collaborazione con soprintendenze, musei e istituzioni di settore come l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione del Ministero dei Beni Culturali o il Centro Ricerche Informatiche per i Beni Culturali della Scuola Normale Superiore di Pisa.
L’incontro con il manufatto, la sua analisi tecnica restava per lei il momento fondante del lavoro dello storico dell’arte: la scheda dell’oggetto non era un’appendice, bensì il punto di partenza caratterizzante di un metodo di ricerca, nutrito di una dimensione culturale tutt’altro che settoriale, sebbene il suo prestigio di studiosa sia poi rimasto essenzialmente legato allo specifico settore del tessile antico.
Di questo tipo di approccio si nutriva il suo magistero universitario, con cui ha saputo dare una linea specifica e solida allo studio delle arti applicate — non solo i tessili, ma anche le oreficerie, le ceramiche, i cuoi, il costume o la moda — suggerendo con intelligenza nuovi fronti di ricerca ai suoi allievi. E da questo tipo d’approccio derivava anche il suo impegno nell’ambito della formazione professionale, nella convinzione che conoscenza, conservazione e restauro fossero tre aspetti diversi ma reciprocamente concatenati di un unico corretto modo di valorizzare i tessili antichi: presero così corpo alla fine degli anni Settanta il Seminario di Studi sui Tessili Antichi presso la Scuola di Tessitura artistico-artigianale di Torino e il corso di aggiornamento promosso dall’Istituto Beni Culturali dell’Emilia Romagna, seguiti dai corsi di formazione attivati dalla provincia di Pisa e poi dalla regione Friuli-Venezia Giulia presso il centro di Passariano.
Tra le sue pubblicazioni resta fondamentale L’arte del tessuto in Europa edito nel 1974 e ristampato nel 1993, ma — lontana da ogni poligrafismo d’occasione — ogni suo misurato e circostanziato intervento è frutto di una riflessione ben più ampia di quello che possa dire il mero numero delle pagine a stampa.